Massa, 15 Marzo. Presso il teatro dei Servi di via Palestro si è svolto un incontro-dibattito di approfondimento sul Giorno del Ricordo. L’iniziativa è nata dalla richiesta di molti studenti che, in passato si sono spesso interrogati sul motivo della mancanza, nei loro libri di storia, della storia del confine orientale italiano, dell’esodo giuliano-dalmata e delle vittime delle foibe.
Il dibattito è stato introdotto dalla Professoressa Licia Calace, per poi essere continuato dall’autrice del libro presentato, “Il trattato di Parigi 10 Febbraio 1947 nei programmi e testi scolastici di storia”, Maria Ballarin. L’incontro tenuto dalle due Professoresse è iniziato con la trattazione storico-politica dell’Istria e della Dalmazia. Le due regioni furono conquistate dai Romani nel II secolo a.C. e furono fortemente romanizzate fino al V secolo d.C. Con la caduta dell’Impero Romano, furono riconquistate dall’Impero Romano d’Oriente, il quale controllò questi territori fino al XII secolo. Fu proprio nell’Alto Medioevo che iniziarono le invasioni slave nell’entroterra, comunque la Repubblica di Venezia si assicurò il controllo di queste regioni per circa 600 anni, fino al Trattato di Campoformio del 1797, con il quale passarono all’Impero ausburgico. Nel 1909 la lingua italiana, ufficiale fino al 1815, venne vietata in tutti gli edifici pubblici ed i dalmati italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali. Nel XIX secolo, con la nascita e lo sviluppo dei movimenti nazionali italiano, croato e sloveno, iniziarono i primi attriti fra gli italiani da una parte e gli slavi dall’altra. L’Istria era una delle terre reclamate dall’irredentismo italiano. Gli irredentisti sostenevano che il governo Austro-ungarico incoraggiava l’immigrazione di ulteriori slavi nella regione per contrastare il nazionalismo degli italiani. Secondo il censimento austriaco del 1910 gli italiani in Istria erano circa il 37%, pari a 150000 persone, prevalentemente concentrati nelle coste. Con la conquista italiana dell’Istria a seguito della Prima Guerra Mondiale, il censimento del 1921 ribaltò i risultati e gli italiani risultarono essere circa il 60% della popolazione istriana. Con il Patto di Londra l’Italia avrebbe dovuto ottenere oltre all’Istria anche la Dalmazia, ma per l’opposizione del presidente americano Wilson, la Dalmazia fu ceduto al neonato Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni. Ciò provocò proteste in Italia da parte dei movimenti irredentisti e nazionalisti, per cui Gabriele D’Annunzio coniò il termine “vittoria mutilata” e si lanciò nell’impresa fiumana, occupando con alcuni legionari la città di Fiume. Con l’avvento del fascismo si inaugurò una politica di italianizzazione della regione istriana. A seguito degli avvenimenti dell’8 settembre del 1943 la comunità italiana restò in balia di tedeschi e della resistenza croata.. La successiva politica di persecuzioni, vessazioni ed espropri messa in atto da Tito ai danni della popolazione italiana, culminata nel dramma dei massacri delle foibe, nelle quali persero la vita 20.000 civili, spinse la massima parte della popolazione locale di etnia italiana ad abbandonare l’Istria, dando vita ad un vero e proprio esodo (si stima che le persone coinvolte nell’esodo furono tra i 250.000 e le 350.000). L’esodo si intensificò con la firma del trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, che prevedeva la definitiva assegnazione di gran parte dell’Istria alla Jugoslavia. Il Trattato di Parigi prevedeva per chi volesse mantenere la cittadinanza italiana l’abbandono della propria terra. Come in altri casi di pulizia etnica, eliminato il “problema italiano”, le nuove autorità slave provvidero a cancellare anche la memoria della presenza italiana in Istria: i monumenti furono abbattuti, le tombe divelte dai cimiteri, la toponomastica cambiata. Le proprietà italiane vennero interamente confiscate ed assegnate agli slavi che vennero insediati nella regione ormai vuota dei suoi precedenti abitanti. Quando l’ultima ondata dell’esodo fu completata, l’Istria aveva perduto metà della sua popolazione e gran parte della sua identità sociale e culturale. Non c’è accordo fra gli storici sul numero degli esodati, ma si stima che circa il 90% degli appartenenti al gruppo etnico italiano abbia abbandonato definitivamente l’Istria. Attualmente (in base al censimento croato del 2001 e di quello sloveno nel 2002) nella parte dell’Istria assegnata alla Jugoslavia vivono non meno di 18.700 abitanti di lingua madre italiana, di cui circa 15.850 risiedono sul territorio dello Stato croato e circa 2.850 risiedono sul territorio dello Stato sloveno. Trascorso il dopoguerra, la vicenda è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governo e opposizione. Il silenzio fu causato da tre motivi: prima di tutto vi fu un silenzio internazionale, provocato dalla rottura tra Tito e Stalin, avvenuta nel 1948, che spinse tutto il blocco occidentale a stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia, in funzione antisovietica (si era agli inizi della guerra fredda). Vi furono anche cause politiche, dal momento che il PCI non aveva interesse a evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del comunismo internazionale. Vi fu infine un silenzio da parte dello Stato Italiano, che non voleva più prendere in considerazione le questioni relative alla sconfitta nella seconda guerra mondiale, considerato che a partire dagli anni sessanta i rapporti fra Jugoslavia e Italia si erano normalizzati. La memoria degli avvenimenti rimase per lo più ristretta nell’ambito degli esuli, di qualche intellettuale anticonformista e di commemorazioni locali. Solo una parte della destra ha sostenuto le ragioni delle vittime, sia pure strumentalizzandole in funzione anticomunista ed esagerando il loro numero. Solo nel 2004 si è giunti all’istituzione del Giorno del Ricordo. “Il mio libro – ha quindi affermato Maria Ballarin – nasce per i colleghi delle Superiori, ai quali nulla è stato spiegato su questi argomenti. I reduci della resistenza che entravano nell’istruzione pubblica, infatti, hanno voluto storicizzare alacremente la loro esperienza partigiana, occultando invece le tragedie delle foibe e dell’esodo”. L’incontro-dibattito termina con i ringraziamenti da parte della sezione Massa-Carrara dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia all’Amministrazione comunale, che a febbraio ha intitolato il parco Ugo Pisa di Marina di Massa al Giorno del Ricordo.

Zannoni Umberto Kevin e Francesco Lenzetti

Categorie: Eventi

0 commenti

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: